Sposo e padre di famiglia, apprezzato professore universitario, dirigente e fondatore di opere sociali, fu uno dei maggiori ideologi della politica dei cattolici italiani e degli artefici del loro inserimento nella vita pubblica.
Nacque a Treviso il 7 marzo 1845 da Antonio, ingegnere idraulico, e da Isabella Alessandri, veneziana di origini armene: dalla madre apprese un’intensa dedizione alle pratiche religiose, dal padre sentimenti patriottici ed entusiasmi neoguelfi, che trovarono riscontro nel programma educativo del collegio di Santa Caterina a Venezia, dove tra il 1854 e il 1863 Giuseppe frequentò il ginnasio e il liceo e si accostò al tomismo e all’apologetica. Immatricolatosi nel 1863 nella Facoltà politico-legale dell’Università di Padova, si laureò in Legge il 27 giugno 1867.
La sua formazione fu caratterizzata dall’interesse per le connessioni tra economia e morale, per la storicizzazione dell’analisi economica e per l’accostamento pluridisciplinare alle tematiche sociali, impostazioni metodologiche che lo orientarono verso la ‘scuola storica dell’economia’.
Intrapresa la carriera universitaria, il 28 dicembre 1868 venne nominato assistente alla cattedra giuridico-politica dell’Ateneo patavino, il 30 agosto 1873 ottenne l’abilitazione alla libera docenza in Economia politica, il successivo 5 dicembre nella ‘prelezione’ al suo primo corso accademico (Dell’elemento etico quale fattore intrinseco delle leggi economiche) fissò le coordinate del proprio pensiero, ispirate alla tradizione cattolico-liberale italiana di Antonio Rosmini e di Vincenzo Gioberti e fondate sulla critica delle teorie classiche di Adam Smith, di David Ricardo e del liberoscambismo di scuola manchesteriana. Nella sua prospettiva, le ragioni di utilità individuale, che motivano l’homo æconomicus, vanno ricondotte alle componenti antropologiche, religiose ed etiche che rendono l’uomo, nella sua libertà e operosità, soggetto morale e causa efficiente delle leggi economiche e delle relazioni sociali.
Il 20 marzo 1878 ottenne per concorso la cattedra di Economia politica all’Università di Modena. L’anno successivo fu chiamato a Pisa, ove avrebbe insegnato fino al 1917 (dal 1882 come professore ordinario), dando prova di grande sensibilità educativa e di rispettosa compensazione tra le responsabilità di docente in un’università statale e una sempre più appassionata militanza ecclesiale e sociale nelle fila del cattolicesimo.
Il 4 settembre 1878 a Pieve di Soligo sposò Maria Schiratti, da cui ebbe sette figli, tre dei quali morirono in tenera età. Il legame confidente con Maria e la profonda spiritualità vissuta in famiglia furono parte della solida esperienza di fede e di vita che gli sarebbe stata riconosciuta con la beatificazione.
La sua apologetica, d’impianto neoscolastico, segnata da teocentrismo e guelfismo, lo portò ad attribuire al pontefice il ruolo di supremo organismo etico-giuridico nazionale e ne motivò l’impegno pedagogico per un più incisivo attivismo dei laici. Il suo riformismo sociale era coerente con il magistero sociale della Rerum Novarum – «verosimile» la consulenza di Toniolo nella predisposizione dell’enciclica – e con la prospettiva del papa Leone XIII della «conquista cristiana» della società moderna come unico rimedio al dramma della questione sociale. Le sue riflessioni chiamarono i cattolici al confronto con i problemi insiti nella modernità e con le sfide dell’uomo contemporaneo, questioni emergenti e irrisolte per l’intera società italiana.
L’analisi della complessa articolazione della società medievale, di cui colse tensioni e incoerenze, lo portò a identificare nelle manifestazioni della libertà personale e nel ruolo degli organismi intermedi la possibile armonizzazione tra i principi di autorità e di solidarietà a vantaggio dei ceti inferiori, entro un ordine garantito da una limitata presenza dello Stato. Sotto la superficie della storia politico-sociale, colse nella loro concretezza l’affiorare degli orientamenti culturali, l’agitarsi delle forze sociali, il configurarsi di molteplici gradi di civiltà, elementi propri della «storia totale», offrendo un decisivo contributo al progresso culturale del cattolicesimo italiano.
Solo i valori del cristianesimo potevano consentire di edificare «uomini nuovi» e di dare un volto umano al capitalismo, di restituire centralità al lavoro, di aprire la strada alle molteplici manifestazioni della partecipazione nei rapporti tra lavoro e capitale e di identificare il ruolo ‘suppletorio’ dello Stato a vantaggio delle comunità.
Impegnato in prima persona per sostenere la crescita culturale del laicato cattolico, rimosse, con il sostegno di Leone XIII, le resistenze degli intransigenti: nel 1889 promosse l’Unione cattolica per gli studi sociali, quattro anni più tardi fondò, con Salvatore Talamo, la Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie, destinata a conseguire prestigio scientifico anche Oltralpe; nel gennaio del 1894 firmò, con altri, il Programma dei cattolici di fronte al socialismo, noto come Programma di Milano.
L’obiettivo di fondo, in sintonia con gli orientamenti dei cattolici europei, era la restaurazione di un ordine sociale, intrinsecamente etico, costruito dal basso da persone rispettose di norme morali di condotta. Così orientata, secondo Toniolo, la propensione solidale delle singole persone – aggregate in corpi intermedi autonomi e con l’apporto delle istituzioni pubbliche locali – consentiva di perseguire efficacemente la giustizia sociale e di proporsi come alternativa al socialismo, al liberalismo e ai ritorni del paganesimo. Un assetto democratico, ispirato da valori cristiani e fondato sulla libertà personale, costituiva l’espressione compiuta di una società aperta, interclassista e dinamica, in equilibrio tra diritti e doveri individuali e tra giustizia commutativa e giustizia distributiva; una società dotata di ordinamenti civili e politici garanti della piena libertà e del progresso per tutti i ceti.
All’inizio del Novecento, di fronte della crescente radicalizzazione delle posizioni di Murri e all’irrigidimento della Santa Sede, Toniolo, sempre fedele al pontefice, si raccolse in un sofferto silenzio, intensificando l’impegno nella ricerca scientifica e a sostegno di due peculiari forme di azione sociale. La prima, la cooperazione, rappresentava una tipologia di impresa privata di piccole dimensioni produttive, fusione di capitale e lavoro, in grado di contribuire alla tenuta dei tessuti sociali e produttivi territoriali, attitudine peculiare delle cooperative di credito per il contrasto all’usura e alla speculazione finanziaria, a vantaggio delle piccole imprese manifatturiere e rurali. La seconda riguardava le unioni operaie, la cui natura e i cui fini vennero riletti da Toniolo in chiave solidaristica e partecipativa.
Nel 1899 Toniolo, con la costituzione della Società cattolica italiana per gli studi scientifici, ispirata al principio neotomistico dell’armonia tra fede e ragione, chiamò gli intellettuali cattolici a confrontarsi con le conquiste della scienza contemporanea. In questa impostazione Agostino Gemelli avrebbe riconosciuto il futuro seme dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, da lui fondata nel 1921 secondo l’esplicita volontà dello stesso Toniolo.
Dopo lo scioglimento dell’Opera dei congressi (1904) collaborò con Medolago Albani alla costituzione dell’Unione economico-sociale, dell’Unione elettorale e dell’Unione popolare, di cui fu presidente effettivo per un quadriennio e, dal 1912, presidente onorario. Fu tra i promotori delle Settimane sociali dei cattolici italiani (1907) e per sei anni i suoi interventi in quella sede toccarono temi «urgenti» e «vivaci»: il lavoro, i contratti di lavoro, il salario, la legislazione sociale, la famiglia, la libertà d’insegnamento. Si schierò a difesa dell’autonomo profilo associativo della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) nella difficile fase della rifondazione all’indomani dell’enciclica Il fermo proposito di Pio X (1905), e si interessò alla fase costitutiva dell’Unione delle donne cattoliche d’Italia, che avrebbe voluto più popolare e meno elitaria.
Da economista elaborò un concetto di «economia moderna capitalistica» inclusivo dell’irreversibilità del progresso scientifico, dei grandi vantaggi materiali dovuti alla crescente integrazione internazionale e dei riscontri positivi del sistema industriale sui salari e sulle disponibilità materiali per i lavoratori. Dall’analisi delle complesse articolazioni del capitalismo industriale, Toniolo trasse la convinzione che per contenere l’impatto sociale delle grandi fabbriche e del grande capitale occorresse puntare sulla diffusione delle piccole e delle piccolissime imprese.
Dall’inizio del Novecento Toniolo intensificò il proprio impegno nella promozione di sodalizi internazionali. Nel 1901 fondò la sezione italiana dell’Association internationale pour la protection légale des travailleurs, precorritrice dell’Organizzazione internazionale del lavoro. Nel giugno del 1917 propose a Benedetto XV la costituzione di un «Istituto cattolico di diritto internazionale» per orientare alla pace e alla fraternità le coscienze individuali e l’opinione pubblica internazionale.
Morì a Pisa il 7 ottobre 1918. Dal 30 settembre 1940 le sue spoglie sono custodite nella chiesa parrocchiale di Pieve di Soligo.
Autore di numerosissime opere, raccolte in venti volumi, organizzati in sei serie, sotto il titolo Opera omnia di Giuseppe Toniolo, un totale di 8886 pagine, pubblicati tra il 1947 e il 1953.
Culto: Il 7 gennaio 1951 fu introdotta la causa di beatificazione e il 14 giugno 1971 fu emesso il decreto sulle sue virtù con il titolo di venerabile; fu proclamato beato nella basilica di San Paolo fuori le mura a Roma il 29 aprile 2012; la memoria liturgica è stata fissata al 4 settembre, giorno del matrimonio.
Bibliografia:
- Carera, Toniolo, Giuseppe, in Dizionario Biografico degli Italiani, LXXXVI, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2019, e la bibliografia ivi citata.