17 Giugno: San Ranieri, patrono di Pisa. Regata in Suo onore tra i 4 quartieri storici

17 Giugno: SAN RANIERI, PATRONO DI PISA. REGATA IN SUO  ONORE FRA I 4 QUARTIERI STORICI

Ranieri, giovane pisano benestante, su invito di un monaco di nome Alberto Leccapecore lasciò ogni avere ai poveri e si dedicò a digiuni e penitenze. Visse molti anni in Terra Santa e al suo ritorno a Pisa fu accolto come un santo. Gli furono attribuiti vari miracoli e alla sua morte, avvenuta il 17 giugno del 1161, la città lo volle omaggiare con un sepolcro in Cattedrale, dove riposa tuttora. Per ogni approfondimento agiografico rinviamo all’apposita sezione “Santi e Beati Pisani” curata dal Prof. Gabriele Zaccagnini.

Proprio in Cattedrale ogni 17 giugno hanno luogo solenni celebrazioni in onore del Santo, la cui urna viene talvolta condotta in processione per le vie della città e anche in barca, sul fiume Arno. Fiume che in questo giorno viene tradizionalmente solcato dalle barche dei 4 quartieri storici pisani (Santa Maria, barca celeste; San Francesco, gialla; San Martino, rossa; Sant’Antonio, verde) per contendersi il Palio di San Ranieri. La regata è preceduta da un corteo storico che si snoda sui 4 lungarni corrispondenti ai suddetti rioni.

Le prime tracce certe del palio marinaro Pisano risalgono al XIII secolo, allorché le cronache ricordano una regata svoltasi nell’anno 1292 per le celebrazioni in onore dell’Assunzione al cielo della Vergine, regina e padrona di Pisa. Solamente dal 1718 il Palio viene disputato il 17 giugno per la ricorrenza del patrono alfeo.
Le imbarcazioni impiegate si ispirano alle tipiche fregate dell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano. Ogni equipaggio è composto da otto vogatori, un timoniere ed un montatore. Quest’ultimo deve arrampicarsi su un pennone alto dieci metri, posto al traguardo su di una piattaforma galleggiante, e conquistare il paliotto azzurro della vittoria. Alla barca ultima classificata la tradizione regala una coppia di paperi in segno di scherno: tale usanza è stata però recentemente interrotta per un malinteso senso di protezione degli animali.

Questa particolare modalità di assegnazione della vittoria, che rende unica la regata di San Ranieri, si ispira all’impresa di Lepanto del 1571 quando le truppe cristiane, una volta abbordata l’ammiraglia turca, si impadronirono della fiamma da combattimento posta sul pennone dell’imbarcazione musulmana.
C’è da dire però che come per il Gioco del Ponte (v.) i cittadini pisani non sono minimamente coinvolti in maniera diretta dalla Regata: non c’è spirito d’appartenenza né di competizione, si assiste al Palio solo per diletto e curiosità. Inoltre non c’è alcuna corrispondenza fra i quartieri della Regata e gli stessi del Gioco del Ponte: stessi rioni ma diversi colori per due competizioni diverse…

 




16 Giugno: Luminara di San Ranieri

16 Giugno: LUMINARA DI SAN RANIERI

Il 25 marzo 1688, nella cappella del Duomo di Pisa, intitolata all’Incoronata, venne solennemente collocata l’urna che contiene il corpo di San Ranieri, Patrono della città, morto in santità nel 1161. Cosimo III de’ Medici aveva infatti voluto che l’antica urna contenente la reliquia fosse sostituita con una più moderna e fastosa. La traslazione dell’urna fu l’occasione per una memorabile festa cittadina, dalla quale, secondo la tradizione, ebbe inizio la cosiddetta Illuminazione dei Lungarni che poi, nell’Ottocento, passò a chiamarsi Luminara.

L’idea di celebrare una festa illuminando la città con lampade ad olio non fu tuttavia un’invenzione del momento, ma una consuetudine nata da tempo ed affermatasi gradualmente col passare degli anni, probabilmente derivante dalle processioni dei lumi in onore della Vergine Maria alla quale i Pisani erano devotissimi: sono moltissime le chiese costruite in Suo onore in tutto il Mediterraneo, a partire dalla Cattedrale cittadina (appunto Santa Maria Assunta).  Il primo documento storico attestante la tradizione della Luminara risale al 1337.
La Luminara di S.Ranieri è forse per i Pisani la festa più bella e sentita. Ogni 16 giugno, la sera prima della festa del Patrono, tutti i Lungarni vengono illuminati con oltre 100.000 Lampanini (diminutivo di làmpana che in vernacolo pisano significa lampada: sono bicchieri di vetro contenenti olio che serve ad alimentare lo stoppaccino) posti su appositi sostegni di legno, detti Biancherie per il loro colore bianco, che vengono affissi sui palazzi a tratteggiarne i contorni.
Unica eccezionale appendice rispetto a questo scenario è la Torre Pendente, il campanile della Cattedrale, illuminata altrettanto arcaicamente con padelle ad olio, collocate anche sulle merlature delle mura urbane, nel tratto che racchiude la Piazza del Duomo.  Da molti anni la serata viene conclusa con una serie di fuochi d’artificio sparati intorno alla mezzanotte dalla Cittadella e dal ponte omonimo.
Le vie di Pisa si popolano di una folla immensa, e nelle strade del centro storico è un fiorire d’iniziative, feste, cenoni popolari e brindisi fino a tarda notte.
Dopo la prima illuminazione ufficialmente documentata del 1668, la Luminara venne ripetuta ogni tre anni, a meno di circostanze eccezionali che ne giustificassero l’allestimento anche al di fuori del cadenzario stabilito. Ad esempio, ne venne organizzata una in onore di Vittoria della Rovere in concomitanza della festa notturna per il carnevale del 1539, mentre il 14 giugno del 1662 l’illuminazione fu allestita in onore di Margherita Luisa principessa d’Orleans e sposa di Cosimo III. Nel 1724 si svolse una Luminara dove niente fu lasciato al caso, tanto che se ne trova ampie tracce in molti documenti conservati nell’Archivio Capitolare. Nel 1819 fu celebrata in via straordinaria per l’arrivo dell’imperatore Francesco I. Di recente ricordiamo la Luminara straordinaria del settembre 1989 in occasione della visita a Pisa del Papa Giovanni Paolo II.




inizio Giugno: Regata delle Antiche Repubbliche Marinare (ogni 4 anni)

2 Giugno (circa) REGATA DELLE ANTICHE REPUBBLICHE MARINARE

La Regata delle Antiche Repubbliche Marinare è una manifestazione sportiva di rievocazione storica, istituita nel 1955 con lo scopo di rievocare le imprese delle più note Repubbliche marinare italiane: quelle di Amalfi, Genova, Pisa e Venezia. La gara vede sfidarsi tra di loro quattro equipaggi remieri in rappresentanza di ciascuna delle Repubbliche. Tale evento, disputato sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica Italiana, si svolge ogni anno in un giorno compreso tra la fine di maggio e l’inizio di luglio, ed è ospitato a rotazione tra le suddette città. La regata è preceduta da un corteo storico, durante il quale sfilano per le strade della città organizzatrice un gran numero di figuranti che vestono i panni di antichi personaggi che caratterizzarono la storia e le istituzioni di ciascuna Repubblica. Il corteo, imponente, ha circa 320 figuranti suddiviso in 80 membri per ogni Repubblica. Amalfi porta i costumi del suo periodo più aureo, quello relativo ai traffici marittimi e commerciali. Genova ha scelto lo stile riconducibile ai tempi di Guglielmo Embriaco, condottiero crociato ricordato da Torquato Tasso nel suo poema epico cavalleresco, Gerusalemme Liberata. La Serenissima invece sceglie, per il corteo, la rappresentazione di un episodio della sua storia: il ritorno a Venezia, festeggiato dai lagunari, di Caterina Cornaro vedova del re di Gerusalemme e di Cipro annesse alla Repubblica Veneta. Pisa, nel corteo onora la figura di Kinzica de’ Sismondi l’eroina che intorno all’anno mille salvò la città da una incursione notturna dei Saraceni che risalirono la foce –quel tempo a delta- fino in città. Ella, si narra, in piena notte si accorse dell’arrivo nemico, si diresse verso la Piazza degli Anziani (oggi ribattezzata ai Cavalieri dell’Ordine di Santo Stefano) e qui suonò la campana della Torre degli Anziani affinchè i Pisani presenti, destati dal sonno dall’improvviso suono, prendessero le armi. Ci riuscirono e cacciarono Musetto dalle rive dell’Arno nonostante che i Pisani abili fossero in “trasferta” a Reggio Calabria proprio per strapparla dalle mani saracene. L’idea di un evento che ricordasse le vicende delle quattro potenze marinare del Medioevo fu del cavaliere pisano Mirro Chiaverini, verso la fine degli anni Quaranta del XX secolo. Il 29 giugno 1955 venne effettuata a Genova una prova sperimentale con gozzi a quattro vogatori. Il 10 dicembre dello stesso anno fu invece firmato ad Amalfi, nel Salone Morelli (l’attuale Museo Storico di Palazzo San Benedetto, sede del Municipio), l’atto costitutivo che sancì la creazione dell’Ente organizzativo della Regata. Le imbarcazioni, costruite dalla Cooperativa Gondolieri di Venezia, furono varate il 9 giugno 1956 sulla Riva dei Giardini Reali, con la benedizione del Patriarca di Venezia Angelo Roncalli (in seguito eletto papa con il nome di Giovanni XXIII).

La prima regata si svolse a Pisa il 1º luglio di quell’anno; tra i presenti spiccavano in particolare il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi ed il Ministro della Marina Mercantile Gennaro Cassiani. Alla gara prendono parte 4 equipaggi, ognuno composto da 8 vogatori e un timoniere, più alcune riserve. Dal 2004 si è stabilito che essi devono essere composti per metà da atleti provenienti dalla Regione e per l’altra metà da atleti provenienti dalla Provincia. Le imbarcazioni devono essere costruite tutte con gli stessi parametri strutturali. Proprio per garantire maggiore efficienza e leggerezza in acqua le barche, un tempo costruite in legno, oggi vengono realizzate in vetroresina.

Ogni imbarcazione dev’esser riconoscibile attraverso i colori con cui viene dipinta e dalle polene, ovvero dalle sculture lignee (ora anch’esse in vetroresina) poste sulla prua che raffigurano l’animale simbolo di ciascuna città. Perciò la barca di Amalfi è identificata dal colore azzurro e dal cavallo alato, quella di Genova dal colore bianco e dal drago (che si riconduce a San Giorgio, protettore della città), quella di Pisa dal colore rosso e dall’aquila (che simboleggia l’antico legame tra la Repubblica pisana e il Sacro Romano Impero) e quella di Venezia dal colore verde e dal leone alato (che si riconduce a San Marco Evangelista, patrono della città). La Regata si svolge su un percorso lungo 2 chilometri, che si differenzia a seconda della località: ad Amalfi si rema nel mar Tirreno lungo la costa, a Genova nel mar Ligure all’interno del bacino portuale, a Pisa nel fiume Arno controcorrente e a Venezia in Laguna. Prima dell’inizio della gara remiera si procede al sorteggio delle corsie. Il dispositivo di partenza è costituito da quattro ancoraggi fissi allineati e il via è dato dal giudice arbitro. La giuria provvede, invece, a valutare l’arrivo, giudicando il “taglio” del traguardo da parte della polena di ogni barca (per Amalfi la punta dello zoccolo anteriore del cavallo alato; per Genova la punta del naso del grifone; per Pisa l’estremità degli artigli dell’aquila; per Venezia metà della spada impugnata dal leone alato). È vietato, durante la gara, invadere la corsia di un avversario, pena la retrocessione all’ultimo posto decretata dalla giuria. È permesso, invece, il cambio del numero d’acqua solo nel caso in cui un equipaggio si porti di un’imbarcazione avanti rispetto ad un avversario.

La città vincitrice della Regata riceve in premio un trofeo in oro ed argento, che rappresenta un galeone a remi (come quello usato per la gara) sorretto da quattro ippocampi, al di sotto del quale compaiono gli stemmi delle quattro Repubbliche Marinare. Essa lo detiene per un anno, fino alla nuova messa in palio nell’edizione successiva. Sulla base del trofeo, inoltre, viene apposta di anno in anno una medaglia con il simbolo della città vincitrice della Regata; pertanto vi sono tante medaglie quante edizioni disputate.

 




29 Maggio: Battaglia di Curtatone e Montanara del 1848 e il Battaglione Universitario Pisano

29 Maggio: BATTAGLIA DI CURTATONE E MONTANARA

 La Battaglia di Curtatone e Montanara contrappose combattenti toscani e napoletani alle truppe asburgiche il 29 maggio 1848 nei luoghi intorno ai due paesi, nei pressi di Mantova, e rappresenta una fra le più simboliche battaglie della Prima Guerra d’Indipendenza italiana. L’Italia era in pieno fermento rivoluzionario dopo le memorabili cinque giornate di Milano del 18 marzo 1848 che videro la ritirata a Mantova del maresciallo Radetzky e delle sue truppe austriache. Lì vicino, la località Le Grazie era diventata il Quartier Generale Toscano di cui faceva parte anche il Battaglione Universitario composto da studenti volontari provenienti principalmente dalle Università di Pisa e Siena: giovani senza alcuna preparazione militare e mal equipaggiati.

Il 29 maggio 1848 circa 20mila uomini delle truppe austriache attaccarono i paesi di Curtatone e Montanara (presso Mantova) scontrandosi con circa i 7mila tosco-napoletani. L’esito fu scontato, il corpo di spedizione toscano soffrì gravi perdite (168 morti, 500 feriti e circa 1200 prigionieri) ma il sacrificio non fu vano. L’imprevista resistenza e le ingenti perdite bloccarono gli austriaci e dettero il tempo all’esercito piemontese di riorganizzarsi e di sconfiggere le truppe nemiche nella battaglia di Goito.

La battaglia di Curtatone e Montanara, non rilevante nella guerra tra Piemonte ed Austria, assunse subito un significato ideale che trascendeva la sua importanza militare, trasformandosi in un simbolo. Giovani volontari, male armati ed equipaggiati, non addestrati, avevano tenuto testa per un intero giorno ad uno dei più potenti eserciti europei, dimostrando tutto il valore della gioventù della nascente nazione italiana e la forza delle idee che li sorreggevano.

Silvestro Centofanti, da Calci, professore di storia della filosofia alla Sapienza di Pisa, con le sue coinvolgenti lezioni sulla patria spinse due terzi degli iscritti a partire volontari: 389 su 621 furono i ragazzi che si precipitarono col Battaglione Universitario Pisano verso quell’avventura che si sarebbe tragicamente chiusa in un bagno di sangue.

Il 29 maggio 2011, nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia, l’amministrazione comunale di Curtatone ha conferito la cittadinanza onoraria all’Università di Pisa e all’Università di Siena a perenne riconoscimento dei loro studenti e professori combattenti nella Battaglia di Curtatone e Montanara. A Curtatone c’è un’importante strada dedicata all’Ateneo Pisano, e a Pisa un’altrettanto importante via è intitolata ai due paesi mantovani.




29 Aprile: San Torpè, patrono della Parte di Tramontana del Gioco del Ponte

29 Aprile: SAN TORPÈ

Caius Silvius Torpetius, conosciuto oggi come San Torpè, fu ufficiale della corte di Nerone (officium Neronis) e visse negli anni in cui Pietro Apostolo approdò nel punto in cui fu poi edificata la Basilica di San Piero a Grado, che da lui prese il nome. Convertitosi al Cristianesimo, fu battezzato da un eremita di nome Antonio sul Monte Pisano. Perseguitato per la sua scelta religiosa, fu torturato e decapitato presso la foce dell’Arno il 29 aprile del 68 e il suo martirio fu narrato in una Passio composta da un estensore pisano nel VI o VII secolo.

Vuole la leggenda che il corpo, abbandonato su una barca insieme a un cane e ad un gallo, sia approdato presso Heraclea in Provenza, poi ribattezzata Saint Tropez in suo onore.  La testa del santo invece rimase a Pisa ed è custodita in un busto in argento, donato dai fratelli Lanfranchi nel 1667, posto sull’altar maggiore della chiesa di San Torpè. Tempio fondato nel 1254 e che si trova, ironia della sorte, in Largo del Parlascio presso i Bagni intitolati tradizionalmente a Nerone, l’imperatore che perseguitò il santo. Il culto di San Torpè si è rafforzato nei secoli grazie anche ai numerosi miracoli che gli sono stati attribuiti. Tra questi, quello del 29 aprile 1633, anno in cui Pisa fu colpita da una grave peste ma grazie alle preghiere rivolte al santo ne fu presto liberata.

Proprio ogni 29 aprile i francesi di Saint-Tropez compiono un pellegrinaggio a Pisa con una delegazione composta dai maggiorenti della città e rappresentanze in costume storico. Una messa viene concelebrata nella chiesa alfea di San Torpè da sacerdoti pisani e francesi e al termine un corteo in costume, composto da cittadini delle due comunità, attraversa la città di Pisa, nel segno di una unione lunga duemila anni. Una tradizione che vede i pisani ricambiare la visita a Saint-Tropez durante i festeggiamenti della “Bravade”, manifestazione storica in ricordo del passato militare della città.

Si rimanda all’apposita sezione del nostro sito “Santi e Beati pisani” per un ulteriore approfondimento agiografico in merito.




29 Aprile: Santa Caterina da Siena, patrona della Parte di Mezzogiorno

29 Aprile: SANTA CATERINA DA SIENA, Patrona della Parte di Mezzogiorno

Il 29 aprile 1375 la Santa senese, che si trovava a Pisa, ricevette il dono delle Stimmate mentre pregava nella chiesa di Santa Cristina, che divenne quindi Santuario Cateriniano. Per ricordare tale evento, il 29 aprile di ogni anno la Parte di Mezzogiorno celebra una messa nella suddetta chiesa. Alla funzione partecipa anche una rappresentanza della senese Nobile Contrada dell’Oca, anch’essa protetta dalla Santa, che nacque proprio nel rione di Fontebranda.

Santa Caterina da Siena a Pisa

(tratto da: Santa Caterina da Siena riceve le Sacre Stimmate il 1 aprile 1375 nella Chiesa di Santa Cristina a Pisa pieghevole in distribuzione presso la Chiesa di Santa Cristina, Associazione degli Amici di Pisa, Simone Guidotti)

Nel 1375 Caterina da Siena è incaricata dal Papa Gregorio XI di predicare la crociata a Pisa, ancora potente Repubblica Marinara. Il suo soggiorno pisano durò sei mesi: da febbraio ad agosto del 1375. Già dall’anno precedente infatti il 1374, anno della peste, molte persone d’ambo i sessi, religiosi e laici, ma specialmente certe monache di clausura, fra cui le domenicane di Fossa Banda e della Misericordia, avevano più volte invitato la vergine senese quando era a Siena a recarsi a Pisa, perché desideravano ascoltarla e conoscerla.  Mentre è assorta in preghiera nella Chiesa dedicata a Santa Cristina sul Lungarno riceve le stimmate che, come l’anello del matrimonio mistico, saranno visibili solo a lei e visibili a tutti dopo la sua morte che avverrà il 29 aprile 1380 a trentatre anni, dopo una vita di privazioni, preghiere e testimonianza di carità. Fra Raimondo da Capua, suo testimone spirituale racconta: “Essendo venuta in Pisa insieme ad altri, fra i quali c’ero anch’io, venne accolta in casa di un certo cittadino dei Buonconti, che abitava vicino alla cappella di Santa Cristina. (il palazzo dei Buonconti, bombardato durante la II Guerra Mondiale, è oggi in fase di ricostruzione a cura della Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa con un ammirevole intervento “tal quale”) In questa Cappella, in giorni di domenica, (il 1 aprile 1375 davanti al crocifisso attribuito a Niccolò Pisano) a domanda della vergine, celebrai la Messa e la comunicai. Ricevuta l’eucarestia, secondo il solito, andò in estasi. Aspettavamo che ritornasse in sé, quando all’improvviso vedemmo il suo corpicciolo che stava prostato, alzarsi poco a poco, rimanersene ritto sulle ginocchia, stender le braccia e le mani e raggiare di luce la faccia. Dopo essere rimasto lungamente intirizzito e con gli occhi chiusi, lo vedemmo cascare di colpo; come se fosse stato ferito a morte. Poco dopo l’anima sua riprese i sensi. Allora la vergine mi fece chiamare e con voce sommessa mi disse: -sappiate, o padre, che per la misericordia del Signore io porto già nel mio corpo le sue stigmate.”

600 anni dopo, il 6 aprile 1985, l’Arcivescovo di Pisa, Mons. Benvenuto Matteucci, con tutte le autorità cittadine e i suoi fedelissimi e l’Arcivescovo di Siena, Mons. Mario I. Castellano, con un nutrito stuolo di autorità senesi e molti Caterinati, commemorarono con solenne rito, il sesto centenario dell’episodio mistico di Santa Caterina. Fu quello “il divino suggello” per introdursi a svolgere la sua alta missione nella Chiesa. Per lei i Pontefici tornarono a Roma da Avignone con Gregorio XI, mentre Urbano VI suo successore, venne riconosciuto il vero Pontefice eletto contro l’antipapa, Clemente VII.

Caterina da Siena viene canonizzata dal papa senese Pio II, nel 1939 Papa Pio XII Eugenio Pacelli la dichiarerà Patrona d’Italia assieme a San Francesco d’Assisi e, nel 1943, patrona secondaria delle infermiere italiane. Paolo VI la include tra i dottori della Chiesa (4 ottobre 1970).  Giovanni Paolo II, Karol Wojtyla il 1 ottobre 1999, dieci anni dopo la Sua visita nel santuario cateriniano sul Lungarno di Pisa,  la proclama compatrona del continente europeo, insieme ad Edith Stein e a S. Brigida di Svezia, accanto a S. Benedetto da Norcia e ai fratelli Cirillo e Metodio.

 

 




25 marzo: Capodanno Pisano

25 MARZO, CAPODANNO PISANO IN CATTEDRALE.

Cari Pisani, cari Ospiti,

nel darvi il benvenuto nella chiesa Cattedrale di Pisa – o chiesa Primaziale, in ricordo della primazia che l’arcivescovo di Pisa (appunto il Primate) aveva su Corsica e Sardegna nel Medioevo – vogliamo ricordarvi alcuni semplici concetti che stanno alla base della cerimonia che ci apprestiamo a vivere oggi, 25 marzo.

1. Ricordiamoci che siamo in chiesa ed è pertanto necessario osservare un rispettoso silenzio e limitare al massimo l’inevitabile brusio dovuto alla gran quantità di persone;

2. Il Capodanno Pisano è una festa religiosa che celebra l’Annunciazione alla Vergine Maria e quindi l’Incarnazione di Gesù Cristo. Dal Medioevo i Pisani considerarono così importante questo giorno da elevarlo a inizio del nuovo anno. E noi lo celebriamo, oggi come ieri.

Sono quindi da evitare parole vuote, superficiali e inappropriate come kermesse, manifestazione, folclore, rievocazione, edizione.

Lo stesso dicasi per le altre Feste Pisane, come la Luminara, San Ranieri, il 6 Agosto, ma anche il Gioco del Ponte e le Regate: che siano o meno eventi legati a ricorrenze religiose, sono FESTE del Popolo Pisano. Il concetto di “festa” è molto più ampio e profondo rispetto a quello di “manifestazione”, perché sottende il coinvolgimento di tutti, senza distinzione tra attori e spettatori.

3. Proprio per questo, la partecipazione festosa dei figuranti nei costumi storici rappresentanti le antiche istituzioni alfee, delle associazioni con i loro gonfaloni, dei cittadini pisani e della provincia, che entrano nella Primaziale dopo aver sfilato per le vie di Pisa con bandiere, tamburi e chiarine serve a solennizzare la Festa e a comunicare la gioia e la devozione del Popolo Pisano a Maria Vergine.

Bandiere, tamburi e chiarine sono gli strumenti – parti integranti della Festa – che la tradizione secolare ha tramandato ai Pisani per esprimersi; sono i gesti e la voce di un popolo che dichiara e rinnova annualmente la propria fede: non sono assolutamente vuoto e inutile “folclore” per turisti, che oltretutto in un ambiente sacro come la Cattedrale sarebbe completamente fuori luogo.

La presenza dei figuranti in Duomo quindi è da considerarsi un atto di fede.

Questa è la giusta chiave di lettura che si deve dare di questa Festa, per cui preghiamo le istituzioni, gli organi di stampa, le televisioni e gli altri mezzi d’informazione di tenerne conto usando i termini e le espressioni appropriate.

Vi salutiamo dunque con gioia augurando a Voi e ai Vostri cari pace e prosperità per il nuovo Anno Pisano a.I.D. (ab Incarnatione Domini) e Vi forniamo il testo latino della Salve Regina, l’antifona che viene cantata al termine della cerimonia, invitandovi a partecipare al canto:

Salve  Regina, Mater misericordiae !

vita, dulcedo et spes nostra, salve.

Ad  te  clamamus,  exsules  filii  Evae

ad  te suspiramus, gementes  et  flentes

in  hac  lacrimarum  valle.

Eia  ergo, advocata nostra, illos tuos

misericordes  oculos  ad nos  converte.

Et  Jesum, benedictum  fructum  ventris  tui,

nobis  post  hoc  exsilium  ostende.

O clemens,  o pia,  o dulcis  Virgo  Maria!

25 MARZO: IL CAPODANNO PISANO

Al tempo dell’Impero Romano l’inizio dell’anno coincideva con le calende di marzo, vale a dire con il primo giorno del mese. Quando Quinto Fulvio Nobiliore ebbe la necessità di diventare console, tale data fu anticipata alle calende di gennaio. Fu Giulio Cesare, nel 45 a.C., a codificare questa innovazione, fissando l’inizio dell’anno con il 1° gennaio.

Nel periodo del solstizio d’inverno, che all’epoca era il 25 dicembre, si celebrava invece il riallungarsi delle giornate, il trionfo della luce sul buio. La Chiesa trasformò poi questa festa pagana in festa cristiana, ricordando in quel giorno la nascita di Gesù Cristo.

Caduta Roma nel 476 d.C. e finite le invasioni barbariche, nel Medioevo nacquero le libere Repubbliche e i liberi Comuni. Così molte città italiane elaborarono diverse unità di pesi e misure, coniarono monete proprie, istituirono proprie leggi e tasse e crearono anche propri calendari, tornando in molti casi a far coincidere l’inizio dell’anno con un evento od una festività primaverile.

I Pisani, almeno fin dal X secolo, decisero di far coincidere l’inizio dell’anno con l’Annunciazione a Maria Vergine (e quindi l’Incarnazione di Gesù), ossia 9 mesi prima del 25 dicembre. Si ottenne così l’Anno Pisano ab Incarnatione Domini (o Christi, o Dei), in anticipo sul calendario comune. Il 25 marzo diventò il primo giorno del nuovo anno solare, che si sarebbe poi concluso il 24 marzo successivo. Il primo documento datato in stile pisano (abbreviato “s.p.”) risale al 985.

Data la prossimità con l’equinozio di primavera, il mese di marzo fu scelto da molte altre città e Paesi per sancire l’inizio dell’anno: dall’Inghilterra alla stessa Roma, dalla Francia alla Russia. Come Pisa, anche Siena e Firenze scelsero il giorno 25, calcolando però un anno di ritardo rispetto alla città alfea.

Il calendario pisano restò in vigore per secoli anche nelle terre che ricadevano in qualche modo sotto l’influenza della Repubblica di Pisa: la costa fra Portovenere e Civitavecchia, le isole di Gorgona, Capraia, Elba, Pianosa, Corsica, Sardegna, Baleari, le città di Gaeta, Reggio Calabria, Tropea, Lipari, Trapani, Mazara, Azov (presso la Crimea), Costantinopoli e inoltre in Tunisia, Algeria, Egitto, Palestina e Siria.

Questo calendario durò fino al 20 novembre 1749, giorno in cui il Granduca di Toscana Francesco I di Lorena ordinò che in tutti gli Stati toscani il primo giorno del gennaio seguente avesse inizio l’anno 1750. Quindi lo Stato Pisano, formato grosso modo dalle attuali Province di Pisa e di Livorno, si uniformò all’uso del calendario gregoriano come il resto della Toscana.

Negli anni ’80 del Novecento si tornò a parlare di questa festa alfea ed oggi il Capodanno Pisano è sempre più atteso e festeggiato, con numerose iniziative culturali che precedono e seguono la data del 25 marzo, ed anche conviviali con il tradizionale Cenone di San Romolo del 24 marzo (l’equivalente di San Silvestro…) a base di ricette tipiche pisane nei ristoranti della Città.

Oggi come ieri l’inizio dell’Anno Pisano è scandito da una sorta di orologio solare: a mezzogiorno di ogni 25 marzo un raggio di sole penetra nel Duomo da una finestra rotonda della parete meridionale e colpisce una mensola posta sul pilastro accanto al pergamo di Giovanni Pisano, sul lato opposto. Il nuovo Anno Pisano non comincia sotto i migliori auspici se le nuvole, durante o dopo tale ora, impediscono al sole di entrare in Cattedrale…

La Festa è preceduta da un corteo storico che, composto da rappresentanti dell’antica Repubblica Marinara, delle due Parti divise in Magistrature, di vari gruppi storici, di associazioni ed istituzioni di Pisa e provincia, si snoda per le vie della Città ed entra in Duomo al suono di tamburi e chiarine. Alla Madonna di Sotto gli Organi, immagine veneratissima da secoli, sono offerti ceri, olio votivo e fiori (la Giunchiglia, ossia il narciso, fiore tipico del periodo, simboleggiante il risveglio della Natura dopo i rigori dell’inverno e quindi benaugurante per il nuovo anno). Si tiene quindi una breve cerimonia religiosa che termina alle 12 esatte quando il Sindaco di Pisa proclama il Nuovo Anno Pisano: “A maggior gloria di Dio, e invocando l’intercessione della Beata Vergine Maria e di San Ranieri nostro Patrono, salutiamo l’anno … [uno in più rispetto al calendario comune]”.

La Salve Regina cantata coralmente suggella il momento di preghiera.

La mensola illuminata dal sole è sorretta da un piccolo uovo di marmo. L’uovo, simbolo di vita, di nascita, di una storia senza fine… come quella della nostra amata Pisa.

A cura di www.associazioneamicidipisa.it e www.compagniadicalci.com




17 gennaio: IL DÌ DI SANT’ANTONIO ABATE – Inizio dell’Anno Giocopontesco

17 gennaio: IL DÌ DI SANT’ANTONIO ABATE

È in questa data che nei secoli XVII e XVIII si disputava la Battagliuccia, ossia la battaglia dei giovani, chiamata anche “Battaglia di sant’Antonio”, preludio al Gioco del Ponte (v.) vero e proprio, che era detto anche Battaglia Generale e si svolgeva nel periodo carnevalesco, di solito la domenica di Carnevale o in qualche occasione speciale, come l’arrivo a Pisa o il matrimonio di qualche governante del Granducato di Toscana.

Tale evento è chiamato spesso e da più persone “Battagliaccia”. Ma erroneamente, come risulta dall’Errata Corrige del libro “L’Oplomachia Pisana, ovvero la Battaglia del Ponte di Pisa”, di Camillo Ranier Borghi (1713), a pagina 183.

Una ventina di giovani, dall’una o dall’altra Fazione, salivano sul Ponte Vecchio chiamando il nemico allo scontro; seguiva una fiera mischia, che arrivava a coinvolgere anche duecento e più persone per Parte, perlopiù giovani o comunque gente nuova del Gioco: un rito d’iniziazione alla pugna vera e propria. Tale usanza compare nei documenti all’inizio del ‘600 (cit. Alberto Zampieri).

Non è noto il motivo della scelta di tale giorno per la Battagliuccia. Non sappiamo se sia legato alla ricorrenza di sant’Antonio Abate o più banalmente, come detto, a occasioni speciali tipo compleanni o matrimoni dei regnanti. Fatto sta che si giocò al Ponte più o meno regolarmente in questa data fino a metà del secolo XVIII.

Oggigiorno il 17 gennaio è considerato l’inizio convenzionale dell’Anno Giocopontesco ed è celebrato con una messa nella chiesa di san Michele in Borgo, a cui partecipano gli aderenti del Gioco del Ponte.

 




L’espansione della Repubblica pisana