Corriere Fiorentino: Pisa poca cosa, Firenze il tutto? Dove è il giornalismo?
Pisa, venerdì 13 Gennaio 2017, 2017 in stile pisano
CORRIERE FIORENTINO BOCCIATO IN STORIA.PISA ERA POCA COSA, FIRENZE E I MEDICI IL TUTTO ?
QUESTO SAREBBE GIORNALISMO ?
“Eravamo dell’idea di soprassedere, ignorare, certi di una strumentalizzazione campanilistica, i gravi errori di contenuto storico nell’articolo a firma di Alessandro Bedini pubblicato su “Il Corriere Fiorentino” a pagina 21 lo scorso martedì 10 Gennaio e dal titolo: “Il Tesoro (ignorato) dei Medici. A Pisa c’è una Fondazione dedicata all’elettrice palatina che custodisce importanti reperti storici. Il Presidente “nonostante le tante sollecitazioni non abbiamo ancora una sede dove metterli a disposizione” articolo scritto con il fine di chiedere maggior tutela ed esposizione museale dei beni artistici che furono propri di Anna Maria Luisa de’ Medici che per tanti anni visse a Pisa nel periodo tra la fine del 1600 e il secolo seguente.
Nel corso del suo scritto, il Bedini riduce, relativizza, svilendola e ribaltandola, la Storia bimillenaria di Pisa in particolare quella della Repubblica Marinara con un: “A ben pensarci l’epopea della Pisa repubblica marinara è durata all’incirca cento anni, mentre l’epoca del Granducato è durata ben 250 anni.”
Purtroppo caro Bedini, Storia alla mano, le cose per Lei e per chi ha la stoltezza di crederlo, non stanno così. La Storia non si inganna, anche se spesso la scrive a proprio piacimento l’apparente vincitore della stessa. La Storia e soprattutto le tracce scientifiche e testimoniali, i fatti restano. Ed eccoli che glieli riassumiamo, inoppugnatamente, per portarla ad un livello di conoscenze che le impediscano in futuro, figure mediocri e commenti divertiti. Nell’interesse Suo e della Sua testata che, crediamo non essere propria da slogan da gradoni di uno stadio.
Negli ultimi decenni del X secolo Pisa, già colonia romana importante e vasta (il Sinus Pisanus -cioè il suo porto- è già noto agli Etruschi prima ed ai Romani poi, con le note di Strabone, di Publio Cornelio Tacito) compì il salto qualitativo dell’espansione mediterranea, generato dal mare e dalle attività militari ed economiche sul mare, capaci di autoalimentarsi in progressione continua e di esercitare sulle forze del territorio, a cominciare dalle grandi e medie casate signorili, una singolare capacità di attrazione.
Immenso l’apporto artistico di Pisa nei territori da essi presidiati: chiese in stile romanico-pisano vengono edificate in Corsica e in Sardegna tanto che ad un visitatore può sembrare di essere “giusto dietro” Pisa. Vengono edificate torri di avvistamento sulla Costa (ora Toscana), fortificato Porto Pisano (davanti il monumento dei “Quattro Mori” a Livorno), la Verruca: si tiene testa con decisione alle scorrerie di matrice saracena per l’Italia ovest che altrimenti avrebbero cambiato per sempre il corso della Storia.
Pisa ha avuto per secoli persino un proprio calendario, nato grazie alle proiezioni astronomiche emerse in fase di progettazione e costruttiva della Cattedrale: il 25 Marzo “ab Incarnatione Dòmini” che ha -per complessi calcoli- una datazione di un anno più avanti rispetto a quello in uso a Firenze.
La rovina politica ed economica seguita alla conquista fiorentina del 1406 travolse i lussuosi palazzi e le alte case turrite (abbattute o mozzate) che facevano bella Pisa ma soprattutto svuotò la città dei suoi cittadini migliori, che per propria scelta o perché costretti da esili e confische si sparsero per il mondo. Anche opere d’arte, oggetti preziosi e codici furono preda di guerra o acquisto dei vincitori (si pensi al celebre manoscritto della Pandette portato a Firenze) per cancellare la memoria di un glorioso passato. E’ qui la vera faccia di Firenze, quella della Repubblica, che intese iconoclasticamente, normalizzare con l’uso di esili, sequestri, spoliazioni e pignoramenti il proprio sanguinario dominio. Fu persino introdotta da Firenze, l’odiosa mezzadria nel contado pisano, quando la Repubblica Pisana adottava già l’affitto con livelli in monete o in beni creando un ceto sociale che era già libero ben prima della pseudo libertà conquistata con la Rivoluzione Francese del 1789.
Dopo la seconda conquista fiorentina di Pisa del 1509 (la quale si ribellò nel 1494 grazie anche all’apporto di Carlo VIII Re di Francia) furono promossi ristrutturazioni edilizie e interventi urbanistici ancora con la precisa volontà di cancellare le memorie delle glorie passate della Repubblica marinara.
I Pisani non avrebbero dovuto più identificarsi in qualche simbolo evocatore delle antiche civiche virtù, eccetto quello religioso della cattedrale, riproposto però con un nuovo linguaggio nel corso del Cinquecento. Fu cancellato il centro amministrativo e politico della città tra piazza del Castelletto e piazza dei Cavalieri, dato alle fiamme l’Archivio della Repubblica. E proprio la ristrutturazione vasariana di quest’ultima e la destinazione degli edifici a sede dei Cavalieri di Santo Stefano mostra la volontà politica di Cosimo I di abbattimento dei precedenti simboli alfei e della loro sostituzione con i suoi.
La costruzione delle Logge di Banchi volute dal granduca Ferdinando I de’ Medici all’inizio del Seicento sottolineò e confermò funzionalmente e scenograficamente lo spostamento del centro vitale della città, rafforzato nel 1691 dal trasferimento dei Priori, la magistratura a capo del Comune, dal palazzo in piazza dei Cavalieri (destinato al Consiglio dei Dodici dell’Ordine di Santo Stefano) al palazzo Gambacorti sul lungarno.
Potremmo continuare per molto. Di certo in modo sommario Le abbiamo fatto vedere che la storia della Repubblica Marinara di Pisa è lunga quasi il doppio rispetto a quella dei Medici nel governo pisano. Lo ricordi anche a chi non lo sa o fa finta di non capire.
Ad ogni buon conto, Le inoltriamo la copia di una nostra pubblicazione “Raccolta delle Relazioni Storiche de Lo Die di Santo Sisto, 6 Agosto” piccola summa di Storia Pisana. Letta e capita la quale, strafalcioni come quelli da Lei scritti, non si riproporranno. Se non volutamente.”
Cordialità
(Franco Ferraro)