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Le Università

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Già nel 1970 l’Associazione degli Amici di Pisa -nella presidenza del Cav. Renzo Paolicchi- si impegnò in una battaglia in cui il sodalizio credette molto, quella contro il decentramento dei tre istituiti universitari pisani: la Sapienza, la Scuola Normale Superiore e la Scuola Superiore di Studi e Perfezionamento “Sant’Anna”. L’idea del trasferimento di alcuni istituti dell’ateneo pisano in città limitrofe, come Lucca e Livorno, da subito non fu ben vista dall’Associazione che, nel corso degli anni, aveva vissuto con amarezza molti altri decentramenti: il centro ferroviario, varie industrie e perfino nel settore turistico. Fu fatto notare all’allora Magnifico Rettore Prof. Alessandro Faedo, il contrasto con altre Università toscane, quelle di Siena e Firenze dove, al contrario, ci si stava attivando per un concentramento in campus e poli universitari cittadini. In una lettera aperta pubblicata nel 1971, l’Associazione domandava alle autorità competenti riguardo alla cessione dell’area ex Politeama (che avrebbe dovuto accogliere la facoltà di Economia e Commercio e ospitare un palazzo dei congressi al servizio della città) e al Comune in merito a quando avrebbe dismesso l’edificio in via Pasquale Paoli, già acquistato dall’Università per l’allora istituenda nuova sede della facoltà di Fisica. Gli interventi sulle problematiche universitarie furono davvero tanti e ricorrenti negli anni Settanta e Ottanta. Nel 1971 ad esempio il quotidiano “La Nazione” riportò un articolo su ben quattro colonne relativo alle proteste dell’Associazione, che definì l’Università “l’unico bene rimasto a Pisa, e non solo in quanto a prestigio e cultura, ma anche in fatto di economia cittadina”.Naturalmente il problema era visto nella sua globalità, compresa l’ottica dell’economia alfea, e guardando certamente ad un eventuale potenziamento dell’indotto, piuttosto che a un suo paventato ridimensionamento causato dai ventilati spostamenti di più dipartimenti universitari. Giova anche ricordare che al tempo delle prime polemiche sul decentramento universitario del 1970-71, le Università italiane e Pisa non faceva specie, non erano organi di insegnamento di massa come lo sono adesso. Nei primi anni ’70 gli iscritti a Pisa non erano oltre i 9000 studenti, contro i 60.000 attuali: i numeri fanno la differenza. Ieri come oggi: 8000-10000 universitari erano gestibili da un tessuto sociale come Pisa. Gli attuali 35.000 fuori sede no. Sono aumentati  i corsi di laurea, di specializzazione e di ricerca: un successo di cui tutti noi siamo orgogliosissimi. Ma la città, non governando bene il fenomeno, ha perso la propria identità proprio in virtù dei numeri sopra esposti.  Una identità persa secondo noi, cambiata secondo altri. Di fatto le nuove generazioni di pisani sono stati costretti ad emigrare nei comuni limitrofi a causa della speculazione sugli affitti lievitata ai massimi livelli proprio dalla massiccia presenza degli Universitari provenienti da fuori città. Anche il commercio di vicinato ne ha subìto le negative conseguenze così come la partecipazione sociale alle attività storiche e culturali. Si assiste così ad un forte squilibrio sociale ed economico cittadino da sanare.

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Tornando alle battaglie contro il decentramento universitario del ’70-’71,  gli Amici di Pisa pubblicarono una lettera aperta nella quale lanciavano un allarme per lo stato di crisi in cui sarebbero caduti non solo gli esercizi commerciali direttamente connessi con il mondo studentesco (librerie, pensioni, drogherie e locali pubblici), ma anche le famiglie che arrotondavano stipendi e pensioni affittando una o due camere della propria casa agli studenti (usanza ormai scomparsa, oggi vengono affittati agli studenti interi appartamenti, e non di rado al mercato nero). L’Associazione dunque aprì già all’epoca un’annosa battaglia “nell’interesse degli studenti che trovano a Pisa una posizione geografica che nessun’altra città toscana può offrire, checché ne pensi il professor Faedo; nell’interesse degli studi, efficienti solo se riuniti in vasti e completi centri di cultura; nell’interesse della città, la quale non può e non deve essere punita con un provvedimento fatale per tutto il suo futuro”. Con il crescere degli iscritti alle Università Pisane si aggiorna l’azione dell’Associazione degli Amici di Pisa.Qualche anno più tardi, quando si cominciò a parlare del trasferimento della caserma “Artale” di via Roma, gli Amici di Pisa, “auspicando che il reparto non venga dirottato su un’altra città”, proposero caldamente alle autorità interessate di assegnare la caserma all’Università, per “un più ampio sviluppo dell’Ateneo anche in considerazione del fatto che l’ampia piazza d’Armi può ben ospitare il battaglione dei paracadutisti assegnato alla città”. Ed ancora. Verso la fine degli anni ’70 l’Associazione si batté nuovamente contro lo spostamento dell’Università a Tombolo, ritenendolo “contro l’espansione della città”. Fu scritto infatti in quell’occasione: “Mentre città come Lucca cercano di avere istituti universitari per aver vivo il tessuto urbano e trovare così occasioni per recuperare il patrimonio edilizio esistente, Pisa opera per allontanare le sue strutture universitarie?”.Ancora durante gli anni ’90 l’Associazione si scontrò con gli organi universitari e politici, almeno quelli favorevoli al trasferimento di alcune strutture in altre città. Le motivazioni addotte infatti continuavano a non convincere gli Amici di Pisa, che non ebbero timore di rendere pubbliche le proprie opinioni, sottolineando che tale spostamento era voluto “principalmente per appagare gli orgogli campanilistici di altre città, unitamente alle fortune elettorali di qualche partito politico  e per creare nuovi equilibri di potere, didattici e culturali, a beneficio esclusivo di alcuni docenti”. L’Associazione rivendicava “le ragioni della presenza della nostra Università nella storia, nella cultura e nelle tradizioni della città e del suo territorio, che hanno determinato legami non divisibili”.

La NazioneIl Tirreno

Nel 1993 gli Amici di Pisa raccolsero cinquemila firme in una petizione contro il decentramento dell’Ateneo: un’iniziativa alla quale risposero tutte le categorie di cittadini, impiegati, operai, studenti ed anche docenti universitari, che vollero dare un chiaro segnale di sfiducia verso chi perseguiva la strada del decentramento. Insidie sempre denunciate dall’Associazione, riforme mascherate da presunti benefici per Pisa. La lotta degli Amici di Pisa non si è mai fermata nel tempo. Queste problematiche sono ancora dibattute ai giorni nostri ed anche i termini della disputa non sono mutati. Nel settembre 2010 infatti il Presidente dell’Associazione, Franco Ferraro, è nuovamente intervenuto in merito sulla stampa locale contro l’ennesima ipotesi di decentramento, invocato stavolta come rimedio allo spopolamento della città. L’Associazione sostiene infatti la necessità di un riequilibrio della composizione complessiva del centro storico, per passare da una società a monostruttura universitaria ad una struttura sociale variegata nella quale i pisani in rientro siano in condizione di recitare il loro naturale ruolo di protagonisti in tutti i settori della vita cittadina. Nello stesso tempo l’Associazione incoraggia la costruzione di residenze studentesche multifunzionali da costruire fuori dal centro storico, continuando il lavoro già ben fatto in località Praticelli (Ghezzano). Ciò mantenendo le Facoltà e i dipartimenti in centro, e completando la viabilità con un riconvertito trasporto pubblico su rotaia per questo nascente pendolarismo studentesco di breve raggio.

Le residenze studentesche “dei Praticelli”

Dando così un volto veramente europeo a Pisa senza per questo doverla spogliare. Purtroppo, in senso contrario si è mossa la Scuola Superiore di Studi Universitari e Perfezionamento “Sant’Anna”, la quale nel novembre del 2002 inaugurò a Pontedera il “Polo Sant’Anna Valdera” che ospita alcuni laboratori che svolgono ricerche scientifiche e tecnologiche di eccellenza in vari settori. Anche nel 2010 la città ha visto una nuova spoliazione delle proprie realtà: è il caso del Laboratorio NEST della Scuola Normale Superiore. Sito nel complesso normalistico di Piazza San Silvestro è stato trasferito a Poggibonsi (SI) in virtù di un protocollo d’intesa finanziato anche dalle banche locali. È di vitale importanza infatti che Pisa non sia soltanto una città universitaria d’eccellenza come lo è adesso, arroccata dentro le mura urbane, ma anche universitaria, dove accanto ai tre prestigiosi istituti universitari convivano altre eccellenze in altri campi: industriale, commerciale, convegnistico, museale e aeroportuale. A proposito di industria, l’Associazione ritiene che sia fondamentale una ancora più stretta collaborazione delle tre Università col territorio che le ospita, seguendo, con maggior convinzione, l’esempio virtuoso del Polo Tecnologico di Navacchio. È necessario infatti far ripartire l’economia locale sia con le micro aziende start up non solo in ambito tecnologico ma anche manifatturiero, sia con le aziende presenti da anni sul territorio e riversare poi il sapere universitario (ed i brevetti che ne conseguono) su queste aziende, ridando forza e stimolo al settore industriale pisano, che ha lentamente abbandonato i dintorni cittadini per spostarsi in altri Comuni, quando non addirittura in altre città. L’Associazione degli Amici di Pisa ritiene inoltre che sia ormai necessario introdurre una “contributo di scopo” a carico di ogni iscritto alle Università Pisane: ovviamente non per introdurre vessazioni fini a se stesse a chi decide di formare a Pisa i suoi studi, ma per compartecipare gli universitari ai costi della città e che il Comune affronta anche per gli Universitari e che attualmente non recupera in nessun modo. Una cifra simbolica aggiuntiva di circa il 10% delle tasse universitarie che gli Atenei Pisani potrebbero riversare nelle casse del Comune di Pisa. Che a sua volta, potrebbe direttamente impiegarli per la manutenzione dell’arredo urbano, dei servizi pubblici. Gli attuali 60.000 iscritti alle Università Pisane sono protagonisti a ciò che le statistiche gestionali affermano: la città è quotidianamente popolata da oltre 150.000 persone a fronte di 90.000 contribuenti che compartecipano alle spese generali. Il “Contributo dell’Universitario” e la costruzione di efficienti residenze studentesche ai Praticelli sono, a nostro avviso, la migliore medicina per riequilibrare una Pisa eccessivamente sbilanciata sul “prodotto Università”.