di Harald Zimmermann
Eugenio III,beato. Il Papa pisano
Il Liber Pontificalis, la raccolta ufficiale delle biografie dei pontefici medievali, qualifica Eugenio III «natione Tuscus, patria Pisanus, qui Bernardus, sancti Anastasii abbas», ossia toscano di nascita, pisano per patria, di nome Bernardo, abate di Sant’Anastasio. È dunque taciuto qualsiasi riferimento alla famiglia di appartenenza così come l’eventuale provenienza da una località minore del territorio pisano: tuttavia, al di là di queste scarne parole, è possibile individuare le tappe principali del suo percorso biografico prima dell’ascesa al soglio pontificio.
La prima notizia certa lo presenta come suddiacono della canonica cattedrale pisana nel settembre 1125, allorché sottoscrisse un atto solenne dell’arcivescovo Ruggero, come secondo dei tre suddiaconi, ossia in una posizione tale da indicare che egli non era né il più anziano di nomina, che firmò per primo, né il più giovane, ma già da qualche tempo si trovava in quel grado. Ciò suggerisce anche un’ipotesi sulla sua età, sicuramente superiore a vent’anni, e sull’anno di nascita, da porre intorno al 1100.
Il successore di Ruggero, l’arcivescovo Uberto, eletto all’inizio del 1133, lo nominò visdomino, ossia amministratore del patrimonio arcivescovile, ufficio sovente affidato in quel periodo a canonici. Diversi documenti attestano l’attività amministrativa di Bernardo, dall’aprile 1133 al 9 maggio 1138. Degno di particolare menzione è il fatto che per conto della Chiesa pisana egli voleva ricostruire il castello di Montevaso, distrutto nel primo decennio del XII secolo, e che salì in quel luogo con alcuni monaci di Clairvaux con l’intenzione di erigervi un monastero. Quest’ultima notizia è molto importante, poiché segnala l’esistenza di rapporti con i monaci cisterciensi. Malauguratamente non conosciamo la data esatta dell’evento, ma si deve a questo punto ricordare che la nostra città strinse relazioni con l’Ordine cisterciense negli anni Trenta del XII secolo, ma già prima un illustre pisano, Baldovino, si era fatto monaco a Clairvaux (vedi Baldovino arcivescovo).
Fu dunque in questo clima che si colloca l’intenzione del visdomino Bernardo di costruire un monastero cisterciense sul Montevaso e che maturò la sua scelta monastica, ispirata dall’esempio di Baldovino ma anche dalla permanenza a Pisa di san Bernardo, abate di Clairvaux. Dopo il maggio del 1138 mancano notizie sulla presenza a Pisa di Bernardo, e anzi dal 10 agosto 1139 risulta sostituito nell’ufficio di visdomino da Omicio, un laico questa volta, nominato dall’arcivescovo Baldovino. Bernardo aveva lasciato Pisa per entrare nell’abbazia di Clairvaux: alcuni anni più tardi egli stesso, ormai papa, nell’incontro con il re di Francia Luigi VII avrebbe ricordato di aver più volte lavato i piatti durante la sua permanenza nell’Ordine Cisterciense («scutellas lavavi quam sepius in Ordine Cisterciensi»).
Ben presto Bernardo si distinse all’interno del suo ordine e fu inviato in Italia, a Roma, nel 1141, ad assumere l’ufficio abbaziale del monastero dei Santi Anastasio e Vincenzo ad Aquas Salvias o delle Tre Fontane, appena restaurato e affidato dal papa Innocenzo II ai Cisterciensi. Non siamo invece certi che sia stato nominato cardinale prete.
Pochi anni dopo egli fu eletto pontefice, il 15 febbraio 1145, il giorno stesso della morte del suo predecessore Lucio II in seguito alle ferite riportate nell’assalto al Campidoglio, sede del Senato, l’organo dirigente del Comune di Roma sorto in opposizione al potere temporale del papato. La designazione di Eugenio III, insperatamente unanime («ex insperato concorditer»), ebbe luogo nel refettorio del monastero di San Cesario sul Palatino e l’intronizzazione subito dopo nel Laterano. Ma già la notte tra il 16 e il 17 il nuovo papa dovette abbandonare Roma in rivolta, rifugiandosi nel monastero di Farfa, ove fu consacrato la domenica Exsurge, ossia di Sessagesima, il 18 febbraio.
La scelta era caduta su un personaggio d’indubbio prestigio, in grado di coniugare l’oculatezza amministrativa maturata nell’esperienza di visdomino con le forti istanze riformatrici acquisite a Pisa ed esaltate in ambito cisterciense. Non estraneo alla sua fama dovette essere poi il legame con san Bernardo, testimoniato da quasi quaranta lettere, e dal trattato sulla missione del papa da lui sollecitato e a lui dedicato. La prima di queste lettere commenta l’elezione del nuovo pontefice. Nella lettura di questo, come degli altri testi bernardini, occorre superare l’interpretazione letterale e tener conto della sapienza retorica e del largo uso d’immagini bibliche da parte dell’autore. Così, se può avere ragione d’essere la meraviglia per la scelta di un uomo dedito alla vita contemplativa e alla solitudine e fuggito dagli incarichi temporali, si deve leggere nella definizione di homo rusticanus, avvezzo a maneggiare strumenti di lavoro come la scure, l’ascia o la zappa, non il rimando ad un’origine campagnola (che sarebbe stata in contrasto con l’appartenenza al clero canonicale pisano) bensì il ritratto del perfetto monaco cisterciense il quale, secondo il più genuino spirito benedettino, coniugava la contemplazione con il lavoro manuale: una vocazione mai rinnegata, se è vero che il papa continuò ad indossare l’abito monastico sotto le vesti pontificie.
Il pontificato di Eugenio III fu segnato dalle difficoltà create dall’autonomia comunale romana, con cui il dialogo risultava particolarmente difficile, nonostante il papa rivelasse doti di abilità politica. Per tale motivo i suoi soggiorni a Roma furono brevi e poco numerosi: per lo più egli risiedette in altri centri del Lazio a lui fedeli, come Viterbo, Tuscolo, Ferentino e Segni.
Il pontificato di Eugenio III fu segnato dalle difficoltà create dall’autonomia comunale romana, con cui il dialogo risultava particolarmente difficile, nonostante il papa rivelasse doti di abilità politica. Per tale motivo i suoi soggiorni a Roma furono brevi e poco numerosi: per lo più egli risiedette in altri centri del Lazio a lui fedeli, come Viterbo, Tuscolo, Ferentino e Segni.
Un importante evento fu la predicazione della II crociata in seguito alla caduta, nel Natale 1144, dell’armena Edessa, il più settentrionali degli stati nati dalla I Crociata. All’appello di Eugenio III rispose san Bernardo, che intraprese la predicazione di una nuova spedizione in Terrasanta infiammando gli animi con la sua grande eloquenza. All’iniziativa aderirono i sovrani di Francia e di Germania e l’impresa divenne un affare internazionale, andando oltre le intenzioni del papa che aveva progettato una crociata soltanto italiana e francese. Tuttavia la spedizione, mal preparata diplomaticamente con l’imperatore d’Oriente, si risolse in un disastro anche sul piano militare e non riuscì nell’intento di riconquistare Edessa ai Turchi.
Non è qui il caso di soffermarsi ulteriormente sulle vicende del pontificato di Eugenio III. A noi interessa mettere in luce gli aspetti più rilevanti della sua personalità. Un tratto che emerge dagli oltre mille documenti ufficiali emanati dalla sua cancelleria, è l’estrema attenzione per il mondo monastico, testimoniata dalle numerose concessioni di protezione pontificia (quella che allora si chiamava la libertà romana) ai monasteri autonomi. Particolarmente favorito fu naturalmente l’Ordine Cisterciense, da cui trasse ben tre cardinali e al quale confermò la charta charitatis contenente le norme che ne regolavano la vita, con alcune importanti aggiunte.
Eugenio III morì a Tivoli l’8 luglio 1153 e in seguito fu sepolto nell’oratorio di Santa Maria in San Pietro in Vaticano, dove un’epigrafe ora perduta ricordava le principali tappe della sua vita, la nascita pisana, il soggiorno a Clairvaux, l’abbaziato alle Tre Fontane e il pontificato, ed esaltava la sua fede profonda.
Con lui volgeva al termine un’epoca, quella del papato riformatore, che in lui ebbe l’estremo rappresentante, ultimo di una lunga serie di monaci e di canonici regolari che per un secolo avevano retto le sorti della Chiesa romana. Dopo di lui venne alla ribalta una generazione ispirata alla nuova teologia e alla nuova canonistica, improntata ad una più fredda razionalità, ad un più lucido legalismo e ad obiettivi politici più realistici, che governò la Chiesa in modo sempre più centralizzato. Si verificò allora un mutamento di generazione veramente epocale, sottolineato anche dalla morte quasi contemporanea di san Bernardo di Chiaravalle, il 20 agosto 1153.
Una tradizione inconsistente
Un documento del 5 maggio 1106 contiene l’atto di professione monastica nel cenobio pisano di San Zeno di «frater Petrus quondam Johannis, qui dicebatur Paganellus de Montemagno». Il documento ha dato origine, a partire dalla fine del XVI secolo, ad un’inconsistente tradizione che ha ipotizzato questo Pietro divenire abate di San Zeno per poi cambiare nome, identificandosi con il Bernardo vicedominus arcivescovile e futuro papa Eugenio III; il soprannome del padre si è così trasformato nel cognome di una fantomatica famiglia Paganelli da Montemagno di Pisa. L’attribuzione a tale casata – peraltro inesistente – deriva da un’errata interpretazione compiuta all’inizio del Seicento dall’erudito pisano Raffaello Roncioni (Delle Istorie pisane libri XVI, a cura di F. Bonaini, in «Archivio Storico italiano», VI/1, Firenze 1844, pp. 257-258) relativamente a personaggi chiamati Paganello presenti in due privilegi di Federico I del gennaio 1178: in realtà si trattava di casate lucchesi, da un lato di due membri dei da Porcàri, dell’altro di tre dei da Montemagno: costoro dunque non hanno niente a che fare con Pisa, città di origine di Eugenio III. Inverosimile è immaginare che il pontefice, prima di svolgere l’ufficio di visdomino, fosse stato monaco e priore del monastero di San Zeno essendo impossibile l’identificazione tra Pietro e Bernardo, in quanto il Necrologio del monastero ricorda al giorno 8 marzo la morte dell’abate Pietro. Altamente improbabile è poi che un monaco e priore divenisse canonico suddiacono della cattedrale e visdomino arcivescovile per poi tornare a farsi monaco a Clairvaux.
Culto:
Il culto di Eugenio III compare dalla metà del XVI secolo nei libri liturgici cisterciensi e soltanto il 3 ottobre 1872 ottenne la sanzione ufficiale con la proclamazione a beato da parte del papa Pio IX, su richiesta degli stessi Cisterciensi.
Bibliografia
H. Zimmermann, Eugenio III, in Dizionario Biografico degli Italiani, XLIII, Roma, Istituto per l’Enciclopedia Italiana, 1993, pp. 490-496; M.L. Ceccarelli Lemut, Eugenio III, un papa pisano nel contesto storico della sua città, in «Il Rintocco del Campano», XXXIV (Genn.-Apr. 2004), pp. 24-34; M.L. Ceccarelli Lemut – S. Sodi, Presenze monastiche in civitate vetera. L’abbazia suburbana di San Zeno, in Rentamer le discours. Scritti per Mauro Del Corso, a cura di S. Bruni, Pisa, Pacini Editore, 2015, pp. 155-168, alle pp. 157-158.