Beato Giordano da Rivalto

BEATO GIORDANO DA PISA (DA RIVALTO)

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Beato Giordano da RivaltoPreghiera Beato Giordano da Rivalto

Le notizie più attendibili relative alla biografia di Giordano, detto anche, in testimonianze risalenti a non prima del XVI secolo, Giordano da Rivalto, dal nome della località della quale sarebbe stato forse originario, si leggono nella Chronica antiqua del convento domenicano pisano di Santa Caterina, scritta da Domenico da Peccioli. In essa vengono indicate con esattezza la data di morte e la durata del periodo di appartenenza all’Ordine (p. 452): morì nel 1310, nell’Ottava dell’Assunta, tra il 16 e il 21 agosto, e visse nell’Ordine trentuno anni. L’ingresso del novizio nel convento domenicano di Pisa è perciò databile al 1279 e, poiché le costituzioni domenicane vietavano di accogliere i giovani prima dei quindici anni, si può congetturare che la sua data di nascita sia da collocare probabilmente nel 1260.

Dopo avere seguito i corsi in arti e in filosofia, fu mandato dai superiori in data imprecisabile, tra il 1284 e il 1286, agli studi generali più famosi dell’Ordine, Bologna e Parigi. Sappiamo dagli atti del capitolo provinciale della provincia romana che egli fu destinato a leggere le Sententiae di Pietro Lombardo presso gli Studi di San Domenico a Siena nel 1287 e di Perugia nel 1288. Nel 1295 venne assegnato come lettore principale allo Studio di Santa Maria in Gradi a Viterbo. Nel 1303 il capitolo provinciale di Spoleto lo nominò, con altri dieci frati, praedicator generalis. In quel momento egli era già noto come lettore principale di Santa Maria Novella a Firenze, dove aveva iniziato a predicare nel gennaio dello stesso 1303.

Il capitolo provinciale di Rieti (settembre 1305) gli conferì per la seconda volta il titolo di predicatore generale e lo indicò come supplente del magister Remigio de’ Girolami in Santa Maria Novella. Secondo la Chronica di Santa Caterina egli lesse le Sententiae a Firenze nello studio generale (1302-1304) e poi per tre anni (1304-1304) tenne il lettorato principale. Il 14 settembre 1309, in occasione dell’apertura del capitolo provinciale di Firenze, Giordano tornò a predicare sulla piazza di Santa Maria Novella, ma la sua sede era già il convento di Santa Caterina in Pisa, dove fu destinato dallo stesso capitolo a esporre la Bibbia.

Qualche altra notizia biografica si può ricavare, pur con le necessarie cautele, dalle stesse prediche di Giordano. Egli si recò forse a Colonia e in Germania, probabilmente anche in Provenza. Certamente invece viaggiò molto per l’Italia, nella provincia lombarda e in quella romana: nelle sue prediche parla di Milano, di Roma, di Napoli. Morì nel convento domenicano di Piacenza, durante una tappa del viaggio che lo avrebbe dovuto portare a Parigi a insegnare.

La sua predicazione ci è pervenuta attraverso la registrazione sommaria (reportatio) di alcuni uditori laici: 726 prediche, 399 fiorentine e 95 pisane, databili agli anni 1308-1309, mentre altre 232 non sono databili con sicurezza. Le prediche di G. non sono state ancora tutte edite.

Il culmine della predicazione è rappresentato dalle lezioni sul Credo e dalla spiegazione del primo capitolo della Genesi, tenute a Firenze la mattina e la sera durante la Quaresima del 1305, un’impegnatissima trattazione della fede cattolica inserita nella cornice della predicazione sulle letture quaresimali.

Nelle sue prediche Giordano insiste sulla dottrina canonica della penitenza, sottolineando l’importanza e la necessità della contrizione: la penitenza serve a schivare le pene infernali, a tenere lontani già in questa vita i flagelli della guerra e delle pestilenze, ma è soprattutto un invito al banchetto escatologico della vita eterna. Tema profondo della predicazione è l’amor di Dio, non la paura dell’Inferno: la descrizione del Paradiso è più insistita e varia della presentazione delle pene infernali. La pena consiste soprattutto nella perdita del Paradiso. Egli propone un modello di vita cristiana complesso e alto, dove le opere di penitenza e di carità si accompagnano alla preghiera di lode e alla contemplazione.

La necessità di adattare il precetto divino alla complessa realtà fiorentina lo spinge a superare i limiti di un discorso puramente religioso e ad esporre i principî di una dottrina fondata sulla Politica di Aristotele, mediata dall’interpretazione di san Tommaso d’Aquino. L’uomo è “animale sociale e congregale”, e questa ragione dà origine alle città, e giustifica il commercio. Ben consapevole dell’importanza degli scambi commerciali, sui quali si fonda la ricchezza fiorentina, espone con ampiezza la classica giustificazione del commercio, colorandola di un’interpretazione provvidenziale. Tuttavia il commercio è diventato una ruberia, spoliazione del prossimo, peggiore dell’usura. Argomenti inevitabili in città ricche come Firenze e Pisa sono le frodi commerciali, l’usura, i mestieri illeciti (dalla prostituzione femminile e maschile all’arte del giullare), il lusso e lo sperpero dei beni: Giordano li affronta in modo aperto e organico, partendo dal presupposto rigoristico che ogni ricchezza va considerata “mammona iniquitatis”. Sull’usura egli ritorna in tutta la sua predicazione e non trascura di esporre i principî teorici che ne giustificano la condanna, in base alla tradizionale argomentazione che l’usuraio vende il tempo, ossia il nulla, ma pure secondo il trattato De peccato usure di Remigio de’ Girolami, ispirato a sua volta dal De malo di Tommaso d’Aquino.

In tutta la sua predicazione, svolta in anni particolarmente segnati dai contrasti politici interni alle città, Giordano insiste sulle divisioni politiche, sulla violenza, sulla barbarica consuetudine della vendetta, in cui è riposto l’onore delle casate. La violenza, l’omicidio, la superbia, tutto ciò che trova espressione nelle alte torri battute dal vento, si oppone alla dottrina politica del bene comune, identificato nella pace, fondata sulla concordia dei cittadini.

La piena valorizzazione dell’opera giordaniana si è imposta nell’ultimo mezzo secolo sull’onda degli studi dedicati alla predicazione medievale. Quelli che potevano sembrare aridi e secchi riassunti si sono rivelati salde composizioni retoriche costruite secondo il modello del sermo modernus, codificato dalle Artes praedicandi: un discorso centrato sulla spiegazione del thema (il versetto biblico ricavato dalla liturgia del giorno, seguendo le norme della scuola domenicana. Giordano ha utilizzato brevi racconti, ricavati da fonti scritte, da cronache e dalla propria esperienza per illustrare e provare un punto del discorso dottrinale. Ma accanto a ciò, egli ha utilizzato tutte le forme dell’argomentazione esemplare (exempla ficta, proverbi, fiabe), e dimostra di conoscere il repertorio giullaresco. La vivacità del suo stile deve molto all’uso delle similitudini, relative sia alla realtà quotidiana, soprattutto alle pratiche commerciali, sia alle scienze: non solo i bestiari e i lapidari, ma anche la geometria, l’astronomia, l’ottica, la medicina.

Culto:

Nel 1311 a Pisa la Compagnia della Croce stabilì che in agosto venisse celebrata, tra la vigilia e l’ottava dell’Assunta, la Vigilia beati Giordanis. Ebbe così inizio un culto, documentato anche da un’antica lauda, che perdurò ininterrottamente per secoli, sostenuto da una notevole iconografia presente a Pisa e a Colorno (Parma). Le reliquie di Giordano, custodite dapprima nella chiesa di Santa Caterina a Pisa e, fra il 1785 e il 1927, a Colorno presso la cappella di San Liborio, sono state riportate nella nostra città nel 1927, collocate nella chiesa di Santa Caterina sotto l’altare maggiore. Il culto fu approvato dal papa Gregorio XVI nel 1833. La festa, fissata il 6 marzo, è celebrata a Pisa e nell’Ordine Domenicano.

Bibliografia:

  1. Del Corno, Giordano da Pisa e l’antica predicazione volgare, Firenze, Olschki, 1975 (Biblioteca di «Lettere italiane». Studi e Testi, 14); C. Del Corno, Giordano da Pisa (Giordano da Rivalto), in Dizionario Biografico degli Italiani, LV, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2001.

La predicazione di Giordano da Rivalto